Fonti Energetiche
Il petrolio sarà esaurito entro il 2067
Secondo la compagnia British Petroleum, le riserve attuali di greggio saranno esaurite entro il 2067 se si continuerà con l'attuale ritmo di consumo. Le riserve di petrolio globali ammontano a circa 1.687,9 miliardi di barili, corrispondenti a poco più di 250 milioni di miliardi di litri e sufficienti a soddisfare il fabbisogno di tutti paesi del pianeta per altri 53 anni, sempre che la richiesta di combustibili fossili non aumenti ulteriormente con l'esplosione economica dei paesi emergenti.
Nel 2013 i consumi sono cresciuti dell'1,4% superando la crescita della produzione, ferma ad uno +0,6%. A vedere un'impennata della domanda di greggio sono stati soprattutto gli USA, che si sono fatti notare per un aumento di oltre 400.000 barili al giorno superando la Cina, staccata a quota 390.000 barili quotidiani.
Se da un lato ci sono paesi che aumentano i propri consumi, dall'altro ci sono nazioni che hanno apportato un incremento alle riserve petrolifere. Rientrano in questa categoria la Russia e il Venezuela, che hanno visto crescere la loro produzione rispettivamente di 900 e 800 milioni di barili.
In questa situazione non possono non esserci riflessi negativi sui prezzi, tanto che dal 2010 a oggi non si è riusciti a scendere al di sotto della soglia dei 100 dollari al barile. Costi in aumento e crescenti difficoltà di reggere una domanda in ascesa disegnano un futuro non roseo per l'intera economia mondiale, con tutti i paesi industrializzati che nei prossimi anni saranno chiamati a trovare soluzioni alternative ed efficienti al petrolio e ai suoi derivati, destinati ad essere prima o poi solamente un ricordo del passato.
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Petrolio greggio dalle alghe
Lo sviluppo di biocarburanti attraverso il processamento delle alghe è un settore in continuo progresso.
L’ultima innovazione in termini di tempo riguarda un processo chimico in grado di generare, sessanta minuti dopo la raccolta, petrolio greggio marino.
A realizzare questa scoperta – pubblicata dalla rivista “Algal Research” – sono stati i ricercatori del Department of Energy’s Pacific Northwest National Laboratory (PNNL), Stati Uniti.
Le alghe raccolte vengono messe in un reattore a flusso continuo, dove sono sottoposte a forti pressioni (circa 3.000 PSI, ovvero libbre per pollice quadrato) e ad alte temperature (350 gradi Celsius), un po’ come avviene nelle prodfondità del nostro Pianeta.
In pratica, come spiega il capo progetto, l’ingegnere Douglas Elliott del PNNL, il punto di partenza è stato osservare e riprodurre – accelerando notevolmente i tempi – ciò che avviene in natura in milioni di anni.
La produzione di biocarburante dal trattamento delle alghe non è certamente una pratica nuova. In questo caso la novità risiede proprio nella rapidità e nei conseguenti minori costi di questo processo.
La maggior parte degli attuali metodi prevede, infatti, un’essicazione più lunga e temperature doppie (circa 700 gradi). Il nuovo processo, invece, funziona anche con impasti di alghe contenenti addirittura fino a 80-90% di acqua.
Come afferma Elliott: “Non dover asciugare le alghe è una grande vittoria”. Ma non solo. Dal processamento vengono generati diversi prodotti.
Innanzitutto petrolio greggio marino che potrà essere convertito in benzina, diesel o carburante per aerei. Poi acqua pulita, da riutilizzare per la crescita di altre alghe e fuel gas che può essere bruciato per generare elettricità o trasformato in gas per veicoli a motore, nella forma di gas naturale compresso. Infine, una serie di elementi come azoto, fosforo e potassio, sostanze fondamentali per la crescita delle alghe.
Per valutare l’effettiva portata del lavoro del team statunitense bisognerà tuttavia attendere ulteriori test in laboratorio e l’eventuale produzione su larga scala. Ad oggi il brevetto è stato acquisito dalla Genifuel Corp., azienda americana che produce biocarburanti.
by Algal Research